La forza elastica e la legge di Hooke

Legge di Hooke

Cos'è la forza elastica

Prima di parlare della legge di Hooke dobbiamo chiarire bene questo concetto fondamentale in Fisica per spiegare il comportamento dei corpi elastici. Definiamo così gli oggetti che si deformano in maniera regolare se vi si applica una forza, come avviene per esempio con il tessuto dei costumi da bagno o un giocattolo di gomma. Una volta che si smette di esercitarvi una forza questi ritornano alle loro condizioni originali, ma se non avviene si parla di deformazione plastica e si ha di fronte un corpo non elastico.

Lo studioso che affrontò nel dettaglio questa forza fu un fisico inglese vissuto nel XVII secolo che si dedicò anche alla creazione e al perfezionamento di diversi strumenti di laboratorio. 

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Cosa afferma la legge di Hooke

Robert Hooke iniziò a studiare la forza elastica basandosi su una molla ideale, ovvero senza massa, di spessore trascurabile e non soggetta a fenomeni dissipativi come per esempio l’attrito. Dobbiamo perciò considerare che la legge da lui definita è un’approssimazione e si basa su questo corpo non esistente in natura. L’enunciato di questo principio scientifico afferma che l’allungamento di un corpo elastico e la forza che vi si applica fra di loro sono direttamente proporzionali.

Da questo enunciato possiamo ricavare la formula della legge di Hooke, ovvero F = kΔl. Analizziamola con attenzione:

  • F è la forza che applichiamo alla molla o al corpo elastico.
  • k è la costante elastica della molla ed esprime la propensione che questa ha ad allungarsi o a farsi comprimere. La sua unità di misura sono i Newton su metro (N/m).
  • Δl rappresenta la variazione di lunghezza che si osserva nella molla o nel corpo elastico in seguito alla sollecitazione a cui la si sottopone. Per trovarla dobbiamo fare la differenza fra la lunghezza che questo ha a riposo (l0) e quella dopo che applico la forza (l). In modo più corretto lo si può definire anche deformazione.
 
Se proviamo a ricavare la formula inversa per trovare il valore della costante elastica otteniamo k = F/Δl. Possiamo affermare allora che la costante elastica di una molla è il rapporto fra la forza che ci si applica e la deformazione che questa subisce. Qualora la forza elastica cerchi di comprimere il corpo elastico anziché allungarlo avremo comunque una differenza di lunghezza ma avrà un valore negativo, così come la forza visto che ha verso opposto.

Un paio di esercizi di esempio sulla forza elastica

Ora che abbiamo visto la legge di Hooke vediamo come applicare la sua formula a un caso pratico. Supponiamo di avere una molla con costante elastica pari a 10 N/m a cui attacchiamo un carico che provoca un allungamento di 20 cm. Quale sarà la massa di quest’ultimo?

Per prima cosa dobbiamo convertire la deformazione subita dalla molla in metri, ovvero 0,1 m. Ricordando la formula vista prima sappiamo che F = kΔl. Quindi ci basta sostituire i dati a disposizione per scoprire che la forza applicata alla molla è pari a 2 N. Sappiamo che 1 chilogrammo è equivalente a 9,81 N, dunque per trovare la massa del carico basta fare un’equivalenza. Ne deriva che alla molla è stato attaccato un corpo di massa pari a 200 g (0,2 kg).

Supponiamo ora un elastico da bungee-jumping sottoposto a una forza di 1100 N che dai 10 metri iniziali passi a 25, e di voler trovare il valore di k. Iniziamo con il trovare la misura della deformazione, facendo la differenza fra la lunghezza dopo l’applicazione della forza e quella iniziale. Troviamo così che Δl è pari a 15 metri, e usando la legge di Hooke vediamo che k = F/Δl. La costante che ricaviamo dal rapporto è pari a 73 N/m. Volendo andare oltre e trovare la massa in chili della persona appesa all’elastico possiamo usare la stessa equivalenza di prima, e il risultato dà 112 kg.

I limiti della legge di Hooke

Finora abbiam ragionato come se a un corpo elastico si potesse applicare una forza di qualsiasi intensità, ma nella realtà sappiamo che non è possibile. Basta pensare a un elastico per capelli, che se tirato con troppa foga ai due capi si spezza, o ai tappeti elastici dei luna park che presentano delle limitazioni all’ingresso in base al peso. Dobbiamo introdurre perciò il concetto di limite elastico, che altro non è che il punto oltre il quale un corpo mantiene la deformazione subita, senza tornare come prima.

In ambito ingegneristico conoscere i limiti elastici dei diversi materiali è fondamentale per capire fino a che punto è sicuro il loro impiego nelle strutture. Per individuarlo di solito si ricorre a un grafico dove sugli assi cartesiani si mettono lo sforzo e la deformazione subita dal corpo. Finché disegnando il grafico la relazione fra queste due grandezze si mantiene lineare si ha la regione elastica. Quando però si devia dalla linearità significa che si è raggiunto il punto di snervamento, dove la deformazione diventa permanente e quindi plastica.

Superato questo punto la forza applicata non segue più la relazione indicata dalla legge di Hooke. Per misurare l’elasticità e la rigidità di un materiale si ricorre di solito al modulo di Young, che fornisce informazioni su come un materiale si comporta quando è sottoposto a una pressione. Più il suo valore è elevato più il corpo in esame sarà rigido e resistente alla compressione, come ad esempio l’acciaio.

La forza elastica nella vita di tutti i giorni

Abbiamo nominato prima come esempi di applicazione della legge di Hooke gli elastici per legare i capelli e i tappeti che si trovano nelle aree gioco o al luna park. Andando ad approfondire la questione però conoscere la natura di questa forza serve anche per progettare le sospensioni delle auto e dei veicoli in generale. Per assorbire gli urti dovuti a irregolarità nelle strade come buche o dislivelli si usano infatti delle molle elicoidali che lavorano in sinergia con gli ammortizzatori.

Troviamo le molle anche all’interno dei materassi dei letti, che sostengono il nostro peso impedendoci di creare un avvallamento nel rivestimento. Non a caso quando con l’età del materasso iniziano a cedere notiamo che stendendoci sul letto abbiamo la sensazione di affondarci dentro.

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