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Le fasi della sintesi proteica

sintesi proteica - fasi

Dai geni alle proteine: la sintesi proteica

Se nel materiale genetico presente nel nucleo delle cellule sono riportate le informazioni per produrre le proteine, è nel citoplasma che queste prendono forma. Il processo biochimico che porta al loro assemblaggio si definisce sintesi proteica e ha luogo a livello dei ribosomi. 

Molte delle proteine che si producono con questo processo hanno funzione enzimatica e sono indispensabili per il metabolismo cellulare. Sintetizzarle richiede la ripetizione di tre fasi, che vedremo nel dettaglio di seguito. 

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Come si arriva ai ribosomi 

Per dare inizio alla sintesi proteica è necessario avere a disposizione gli mRNA che trascrivono la sequenza di basi che codifica per gli amminoacidi della proteina. Questi si producono durante la trascrizione del DNA codificante ad opera di enzimi conosciuti come RNA polimerasi

Una volta trascritto, l’mRNA subisce un processo di maturazione (splicing), che vede l’eliminazione delle sequenze non codificanti (introni) e l’unione di quelle da tradurre a livello dei ribosomi. Da uno stesso trascritto di DNA si possono ricavare varie isoforme di una stessa proteina che possono esercitare funzioni biologiche diverse  grazie allo splicing alternativo. In questo caso oltre a rimuovere gli introni alcuni enzimi tagliano parte degli esoni.

La struttura del ribosoma 

L’organello dove avviene la sintesi proteica è presente sia nelle cellule procarioti che in quelle eucarioti. Per distinguerli si ricorre al loro coefficiente di sedimentazione, che si misura in Svedberg (S). Per i ribosomi presenti nelle cellule eucarioti questi è pari a 80S, mentre per quelli dei procarioti è 70S.

L’organello è composto da due subunità, una maggiore e una minore, asimmetriche fra di loro. Il solco presente fra le due parti del ribosoma è il sito che accoglierà l’mRNA maturo proveniente dal nucleo.
Sulla subunità maggiore si trovano i siti di legami per i tRNA che intervengono durante la traduzione dell’RNA messaggero. 

Questi indicano con le lettere A, P ed E. ll primo si chiama così perché è il sito dove arrivano gli amminoacil-tRNA, il secondo è quello dove si formano i legami peptidici e il terzo è il sito di distacco del tRNA libero.

La prima fase della sintesi proteica: inizio della traduzione 

Per partire a costruire la proteina c’è bisogno di assemblare l’apparato traduzionale, composto dal ribosoma, dai fattori traduzionali, dall’mRNA e dagli amminoacil-tRNA. Questi non sono altro che tRNA legati con un legame estere ciascuno a uno specifico amminoacido per opera dell’enzima amminoacil-tRNa-sintetasi

L’inizio della traduzione vede l’arrivo di un amminoaci-tRNA che porta la metionina negli eucarioti e la formilmetionina nei procarioti, che si lega al sito P.
Subito dopo la subunità minore lega l’mRNA alla sua estremità 5′ e scorre fino a trovare il codone d’inizio della sequenza codificante, ossia AUG. Una volta giunti qui si lega anche la subunità maggiore.

I fattori di traduzione che regolano l’inizio della sintesi proteica a questo punto si staccano. Negli eucarioti sono più di dieci (eIF4G, elF4A, eIF4E…) mentre nei procarioti sono solo tre (IF1, IF2, IF3). Per ora abbiamo quindi un tRNA sul sito P, mentre i siti A ed E del ribosoma sono liberi. 

La fase di allungamento 

Si passa alla seconda fase quando arriva un secondo amminoacil-tRNA che si lega sul sito A della subunità maggiore.
Qui avviene il riconoscimento fra l’anticodone presente sul tRNA e il codone dell’mRNA messaggero. Dopodiché la metionina/formilmetionina presente sul primo tRNA si slega da quest’ultimo per unirsi al nuovo amminoacido con un legame peptidico. Di fatto così inizia la sintesi proteica vera e propria.
 
Il primo tRNA a questo punto passa al sito E  per staccarsi dal ribosoma, mentre il secondo si sposta sul sito P. All’arrivo dell’amminoacil-tRNA successivo il ciclo si ripeterà, legando così il terzo amminoacido della proteina, fino ad arrivare al codone di stop.
 

La terminazione e il rilascio del polipeptide

La fase di allungamento procede lungo l’mRNA fino a che non trova una tripletta che non corrisponde ad alcun amminoacido. Può essere UAG, UGA oppure UAA, che nell’ambiente scientifico si chiamano anche ambra (UAG), opale (UGA) e ocra (UAA). Dato che non esiste un anticodone complementare questi tre codoni segnano la fine della fase di allungamento.

La sequenza amminoacidica della proteina risulta completa a questo punto e quindi è il momento di terminare la sintesi proteica. Perché questo avvenga intervengono i fattori di rilascio, che si legano al sito A della subunità maggiore. A questo punto inducono il legame di una molecola d’acqua all’ultimo tRNA rimasto sul sito P da parte della peptidiltrasferasi.
 

I geni regolatori della sintesi proteica

Questo processo biochimico non avviene in automatico per tutte le proteine e gli enzimi, perché alcuni vanno prodotti solo in determinate circostanze e in quantità determinate. Alcuni per esempio servono durante alcune fasi dello sviluppo o per far fronte alla presenza di un’infezione.

 Il controllo sull’attività di trascrizione per esempio è dovuto alla presenza dei geni regolatori, che possono agire come induttori o repressori dell’enzima RNA-polimerasi. La conoscenza di questi meccanismi di regolazione è fondamentale per la ricerca farmacologica, poiché diversi antibiotici contengono inibitori della sintesi proteica dei batteri. 

Un esempio sono le tetracicline, che bloccano il legame degli amminoacil-tRNA a livello del sito A del ribosoma. Poi c’è la streptomicina che riesce a precludere il passaggio dall’inizio della traduzione alla fase di allungamento, creando spesso anche problemi di miscoding.
 

Le modifiche post-traduzionali delle proteine

I peptidi che si staccano dai ribosomi al termine della sintesi proteica non sono ancora mature perché devono prima raggiungere la conformazione corretta. In alcuni casi si tratta di modificazioni della struttura peptidica che avvengono durante la traduzione, il che le classifica come meccanismi co-traduzionali.
 
Durante la maturazione delle proteine una delle modificazioni più comuni è la glicosilazione, mediata dall’enzima glicosiltranferasi. Consiste nell’aggiunta di una o più unità di zucchero alla struttura della proteina. Si parla di N-glicosilazione (di solito co-traduzionale) quando coinvolge l’asparagine e di O-glicosilazione quando riguarda la serina o la treonina. La seconda avviene spesso all’interno dell’apparato di Golgi. 
 
Un’altra modificazione frequente successiva alla sintesi proteica è la fosforilazione ad opera di enzimi chiamati chinasi. Si tratta dell’aggiunta di PO43) ai gruppi idrossilici (-OH) di alcuni amminoacidi della catena, tra cui la serina e la tirosina. 
 
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