Che cosa sono le proprietà colligative delle soluzioni

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Cosa hanno in comune le proprietà colligative

Con soluzione si intende una miscela omogenea di solvente, un sostanza che scioglie, e soluto, che rappresenta invece la sostanza dispersa all’interno della prima. Il solvente più noto in Chimica è l’acqua, ma possiamo creare soluzioni anche usando l’etanolo, la formaldeide e così via. Soluto e solvente possono possono essere molto diversi fra loro come caratteristiche fisiche e chimiche, ma una volta uniti nella soluzione si possono influenzare fra di loro. 

Le proprietà di cui parliamo riguardano solo le soluzioni, ma il loro aspetto peculiare è che dipendono solo dalla loro concentrazione. Non importa da quali elementi siano composti il soluto e il solvente, ma solo le loro quantità rispettive. 

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Determinare la concentrazione delle soluzioni 

Prima di esaminare singolarmente le proprietà colligative dobbiamo precisare che per determinarle si usa un sistema preciso per esprimere la concentrazione delle soluzioni. Per la precisione ricorriamo al numero di moli o alla molalità, e non a sistemi come le concentrazioni percentuali (m/m, V/V e m/V). Dobbiamo perciò prima di tutto capire quante moli di soluto siano presenti, da sole o in una massa pari a un chilo. Un’eccezione è rappresentata dall’abbassamento della tensione di vapore che richiede la frazione molare.

Qualora avessimo a disposizione solo i grammi del soluto ci servirà risalire alla sua formula per calcolare il peso molecolare. A questo punto basterà dividere i grammi presenti per il valore del peso molecolare per determinare a quante moli corrispondano.

Le proprietà colligative: abbassamento crioscopico 

Partiamo da una delle più semplici da capire perché i suoi effetti li possiamo osservare in natura. Sappiamo che il punto di congelamento dell’acqua è 0°c, eppure in alcuni punti del globo l’oceano arriva a misurare -2°C senza congelare. Il motivo è che come sappiamo la sua acqua contiene diversi sali disciolti, dal cloruro di sodio (NaCl) al cloruro di potassio (KCl), vari carbonati e solfati. L’abbassamento crioscopico infatti è il fenomeno per cui il punto di congelamento di una soluzione risulta inferiore rispetto a quello del solvente puro

La formula per determinare questa variazione è Δtem = Kcr x m. Questa e l’innalzamento ebullioscopico sono infatti le proprietà colligative che richiedono di determinare la molalità (m) della soluzione. Con Kcr si indica invece la costante crioscopica, che varia da solvente a solvente. In caso si abbia a che fare con una soluzione elettrolitica occorre introdurre un parametro in più, il coefficiente di Van’t Hoff. Si indica con i e corrisponde al numero degli ioni presenti in soluzione. Se abbiamo come soluto l’acido cloridrico per esempio i è uguale a 2.

Esiste una branca della Chimica apposita per studiare questo fenomeno definita crioscopia. L’unità di misura della costante Kcr è (°C x kg/mol). Nel caso dell’acqua la costante vale 1,86 (°C x kg/mol).

L’innalzamento ebullioscopico 

Questa e l’abbassamento crioscopico sono due proprietà colligative molto simili, perché a sua volta definisce una variazione relativa alla temperatura a cui avviene un cambiamento di stato. Riprendendo l’esempio dell’acqua salata infatti questa non solo congela sotto gli 0°C ma bolle più tardi dell’acqua pura se riscaldata. Quindi non più a 100°C ma anche qualche grado al di sopra in base a quanto la si sala. Anche qui entra in gioco una costante, ovvero Keb  (costante ebullioscopica).

Per calcolare la variazione di temperatura che comporta la presenza di un soluto usiamo la formula è Δtem = Keb x m. Anche qui serve dunque conoscere la molalità della soluzione e la costante specifica per il solvente considerato. Come prima quando il soluto si dissocia formando delle specie ioniche è necessarie inserire nella formula il coefficiente di Van’t Hoff (i).

Anche se a prima vista dalla formula è facile confonderle queste proprietà colligative non sono interscambiabili. Infatti i valori delle due costanti possono essere molto diversi fra loro per quanto usino la stessa unità di misura. Per l’acqua Keb vale 0,515 (°C x kg/mol).

Proprietà colligative ed equilibri in soluzione: la pressione osmotica

Per spiegare questa capacità dobbiamo considerare un recipiente dove sono presenti, separati da una membrana selettivamente permeabile, sia una soluzione che il solvente puro. Se questo filtro permette nello specifico il passaggio solo alle molecole di solvente allora dal lato dove questo è presente in forma pura si genererà un flusso verso la soluzione.
 
La pressione osmotica è nel dettaglio la pressione idrostatica che impedirà al solvente puro di passare ulteriormente attraverso la membrana dopo un certo flusso. Il suo simbolo è la lettera greca π  e la formula per calcolarla è π= M x R x T. Vediamo che a differenza dell’abbassamento crioscopico e dell’innalzamento ebullioscopico è necessario calcolare la molarità (M) della soluzione. L’unità di misura di π è l’atmosfera (atm)
 
Così come le proprietà colligative già viste però anche nel caso della pressione osmotica entra in gioco il coefficiente di Van’t Hoff in caso di un soluto che si dissoci in elettroliti. Dal nome è facile intuire che questa proprietà è alla base del fenomeno dell’osmosi. Vale a dire il passaggio dell’acqua attraverso una membrana semipermeabile, come avviene nel caso degli eritrociti se messi in un acqua pura. Questa fluisce al loro interno, gonfiandoli.
 

L’abbassamento relativo della tensione di vapore

L’ultima delle proprietà colligative riguarda la tensione o pressione di vapore. Questa consiste nella pressione esercitata dalle molecole che evaporano da un liquido sulla fase ancora liquida in uno stato di equilibrio termodinamico. Per formarsi occorre che l’evaporazione e la condensazione del liquido considerato avvengano all’interno di un recipiente chiuso. 
 
Considerando un solvente puro se vi si scioglie un soluto non volatile questo porta alla diminuzione della tendenza delle molecole del liquido a passare allo stato di vapore. La tensione di vapore quindi è più alta per il solvente puro, e si afferma che risulta direttamente proporzionale alla frazione molare del solvente.
 
La formula per stabilire quanto vari la pressione rispetto a quella standard del solvente puro è Psoluzione = Psolvente • Xsolvente. Per determinare la frazione molare basta dividere il numero delle moli di solvente in soluzione per il totale delle moli presenti (soluto + solvente).
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