Il processo di meiosi e le sue fasi

meiosi - processo e fasi

Quali cellule svolgono la meiosi

Quando si parla di divisione cellulare si pensa subito alla mitosi, il processo che produce due cellule figlie identiche alla madre e con lo stesso assetto cromosomico.

Questo però vale solo per le cellule somatiche del nostro corpo, perché come sappiamo i nostri gameti hanno solo metà del nostro corredo cromosomico. Per produrle si svolgono due divisioni cellulari successive da cui deriva un totale di 4 cellule figlie contro le due che si ottengono dalla mitosi.

Ad andare incontro a questo processo sono esclusivamente le cellule germinali, sia negli uomini che nelle donne. Nel primo caso si parla di spermatogenesi e nel secondo di ovogenesi. 

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La prima divisione cellulare 

Dato che la produzione dei gameti prevede due divisioni successive si parla di meiosi I e II.
Ciascuna si articola secondo le stesse fasi previste nella mitosi con lievi differenze. Partiamo allora dalla profase I, dove la cromatina si addensa e i cromosomi diventano visibili al microscopio con la loro forma a X. Questi si dispongono in tetradi, ovvero con i due omologhi formati ciascuno da due cromatidi appaiati per tutta la loro lunghezza.

In questa fase avviene il crossing-over, dove i cromosomi appaiati possono scambiarsi dei frammenti ricombinando gli alleli. Si tratta di un meccanismo essenziale per garantire la variabilità genetica della specie umana.

Segue una fase intermedia (prometafase I), dove si forma il fuso mitotico con la disposizione dei centrioli ai poli opposti della cellula.
Nella metafase I le fibre del fuso si collegano ai cromosomi, facendo in modo che gli omologhi siano connessi ai poli opposti, e li allineano sul piano equatoriale della cellula.
Si procede con la loro separazione nel corso dell’anafase I, dove i cromosomi omologhi migrano ciascuno verso uno dei due poli della cellula. A differenza della mitosi il centromero non si spezza.
Otterremo così 23 cromosomi formati da due cromatidi ai poli opposti della cellula.

La meiosi I termina con la prima telofase dove si riformano gli involucri nucleare e in contemporanea con la citodieresi si separano i due citoplasmi delle cellule figlie. Ora entrambe hanno un nucleo aploide, ma i cromatidi fratelli di ogni cromosoma sono ancora uniti e rendono possibile la seconda divisione meiotica. La prima si definisce riduzionale, mentre la seconda si chiama equazionale.

Come procede la meiosi II 

La prima divisione meiotica è svolta dalle cellule progenitrici dei gameti, gli spermatogoni e gli oogoni.
Durante il secondo step però abbiamo già spermatociti e oociti I, che sono già diploidi.
Dobbiamo aggiungere che la profase I consiste in un processo molto lungo, che può durare mesi o anni: si articola infatti in cinque stadi distinti in base alla posizione assunta dai cromosomi omologhi.
Nel caso della profase II invece inizia subito dopo la fine della telofase I senza che vi sia l’interfase che troveremmo invece nel caso di due divisioni mitotiche. 
 
Seguono la prometafase e la metafase II, che possiamo dire essere analoghe alla mitosi.
Una volta che i cromosomi si allineano sul piano equatoriale le fibre del fuso si collegano al loro centromero. Mentre durante la meiosi I ogni cromosoma era collegato a uno solo dei poli cellulari qui è connesso a entrambi dai microtubuli.
Durante l’anafase II abbiamo la separazione dei cromatidi fratelli grazie alla dissoluzione di proteine chiamate coesine che durante l’anafase I erano ancora presenti. A entrambi poli apposti degli spermatociti e oociti a questo punto abbiamo 23 cromatidi. 
 
Con la telofase II e successiva citodieresi si creano così 4 cellule aploidi, o almeno nel caso della maturazione dei gameti maschili abbiamo 4 futuri spermatozoi. Nel caso degli oociti invece solo uno sarà funzionale mentre gli altri andranno a comporre i globuli o corpuscoli polari. Dal punto di vista riproduttivo queste tre cellule non hanno alcuna funzione perché non possono andare incontro a fecondazione.

L’insorgenza delle trisomie durante la meiosi

Durante la meiosi possono avvenire degli errori, o meglio degli eventi genetici casuali, che portano alcuni gameti ad avere un numero di cromosomi diverso da 23.
Uno dei più comuni è la trisomia, ovvero il caso in cui in uno dei gameti un cromosoma è presente in copia duplice anziché singola.
Di conseguenza dopo la fecondazione e lo sviluppo del feto a partire dallo zigote nelle sue cellule ci saranno 47 cromosomi.
La trisomia è una conseguenza della non disgiunzione fra i cromosomi omologhi che di norma avviene nel corso dell’anafase I. 

Molte delle trisomie sono incompatibili con la vita e portano a un aborto spontaneo, mentre altre consentono lo sviluppo del feto come la trisomia 21 (nota anche come sindrome di Down). I bambini affetti da questo disturbo cromosomico mostrano ritardi nello sviluppo fisico e mentale, oltre a caratteristiche riconoscibili a livello facciale (gli occhi a mandorla, viso infantile).
Una bassa percentuale di chi soffre della sindrome di Down al test genetico mostra 46 cromosomi, perché il cromosoma 21 in eccesso durante la meiosi si è “fuso” con il proprio omologo. 

Anche la trisomia 18 in alcuni casi consente lo sviluppo del bambino, anche se specialmente nel caso di feto maschile questo spesso muore prima del nono mese. I neonati mostrano diverse malformazioni a livello di quasi tutti gli organi vitali, e solo l’1% dei bambini riesce a vivere più di qualche settimana.
Ancora più rari sono i casi di neonati con la trisomia 13, detta anche sindrome di Patau. Si può parlare di trisomia 13 parziale nei casi in cui è presente solo una parte del cromosoma sovrannumerario, in alcuni casi legata a cromosomi di un’altra coppia.

L’importanza del crossing-over

Grazie al meccanismo con cui i cromosomi omologhi possono scambiarsi materiale genetico durante la profase I della meiosi è stato possibile eseguire la mappatura del genoma.
Il genetista Thomas Hunt Morgan intuì che era possibile comprendere la posizione dei geni osservando la loro frequenza di ricombinazione. Per misurare la distanza fra geni si utilizza come unità di misura la frequenza di ricombinazione dell’1%, chiamata CentiMorgan.
 
Più i geni sono vicini, meno è probabile che avvenga la ricombinazione. Tuttavia più i geni sono distanti meno accurato risulta questo sistema di misurazione. La distanza massima esprimibile in CentiMorgan è 50 (ovvero ricombinazione al 50%).
 
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