La statica dei fluidi e il principio di Archimede

il principio di Archimede e la statica dei fluidi

Quando fu definito il principio di Archimede

Come si evince dal nome questa legge dell’idrostatica è attribuito allo scienziato greco Archimede di Siracusa. Di conseguenza è uno dei principi fisici più antichi, tanto che risale al III secolo a.C. Il suo scopritore visse infatti dal 282 a.C, fino al 212 a.C. e si dedicò tanto alla Fisica quanto alla Geometria e alla Matematica.

Volendo essere più precisi però possiamo definire questa legge come il principio di galleggiamento dei corpi nei fluidi. Come per tutte le scoperte di questo scienziato esiste anche una leggenda interessante sulle circostanze che portarono a definirlo.

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La storia dietro alla scoperta

Prima di arrivare all’enunciato del principio di Archimede vediamo come si racconta che questo celebre siracusano lo definì. Pare che tutto fosse partito da un esperimento volto a soddisfare una richiesta del sovrano Gerone II di Siracusa. Questa nel dettaglio era capire se una corona da lui commissionata a un orafo fosse in metallo puro o contenesse anche dell’argento.

Archimede dal canto suo provò a capire la natura del materiale che componeva il gioiello con un metodo particolare. Provò a immergere in acqua un oggetto d’oro e uno d’argento dello stesso volume della corona. Quantificò l’acqua che traboccava dopo l’immersione di entrambi e infine fece lo stesso con l’oggetto da analizzare. Questo fece uscire dal recipiente un volume intermedio fra i due precedenti: era quindi sia d’oro che d’argento. 

Il principio di Archimede infatti afferma che un corpo immerso in un fluido subisce una forza diretta dal basso verso l’alto pari al peso del volume di fluido che sposta. Si parla di fluido in quanto all’epoca lo scienziato lo dimostrò con l’acqua, ma si dimostra valido in qualsiasi liquido oltre che nei gas. La forza di cui parla l’enunciato  si indica come spinta di Archimede o in alternativa spinta fluidostatica. Poiché diretta dal basso verso l’alto risulta inoltre opposta alla forza peso, che porta il corpo ad affondare. 

Calcolare la forza descritta dal principio di Archimede 

Per indicare la spinta che permette ai corpi immersi di contrastare il peso che li tira verso il basso usiamo il simbolo FA. Dato che è pari al peso del volume del fluido che si sposta durante l’immersione possiamo scrivere che FA = Pfl. Dato che il peso deriva dal prodotto della massa per la costante di gravità g (9,81 m/s2) potremmo scrivere Pfl nella forma mg.
 

La massa di un fluido deriva a sua volta dal prodotto del suo volume per la densità, ossia mfluido = ρV. Possiamo allora sostituire il secondo termine dell’equazione vista prima per il principio di Archimede. Arriviamo così alla formula FA = ρVg, che è quella che troviamo sui libri di Fisica.

Il volume di liquido spostato è pari a quello dell’oggetto che si immerge nel fluido. Di conseguenza se sappiamo di immergere in un recipiente pieno d’acqua un oggetto di 1 dm³, che equivale a un litro, sappiamo che questo sposterà un litro di acqua. 

Volendo fare un esempio di calcolo possiamo immaginare di immergere una statuetta di 40 cm3 (40 mL) in una bacinella di latte. Visto che la densità di questo liquido è 1037 kg/m3  e che convertiremo il volume in 0,00004 m3 avremo FA = 1037 x 0,00004 x 9,81 = 0,406 N. La necessità di convertire le unità di misura di densità e volume è legato al fatto che come ogni forza si esprime in Newton.

Il destino del corpo immerso

Il principio di Archimede si utilizza in primis per capire se il corpo che intendiamo immergere andrà a fondo o resterà a galla.
Per capirlo dobbiamo mettere a confronto FA con il peso del corpo (FP) e vedere quale dei due risulta maggiore. Possiamo avere tre casi:

  • FA  > FP dove la forza che manda l’oggetto verso la superficie vince su quella che lo spinge a fondo. Di conseguenza il corpo sarà in grado di galleggiare. Di fatto però nel calcolo della forza peso abbiamo sempre la costante g e il volume del corpo. Potremmo perciò mettere a confronto semplicemente la densità del corpo e quella del fluido. Il corpo quindi sta a galla se ρcorpo < ρfluido.
 
  • FA  = FP  si tratta di una condizione che possiamo definire intermedia. Infatti dato che le due forze contrapposte si equivalgono il corpo sarà in una condizione particolare prevista dal principio di Archimede. Galleggerà appena sotto il pelo dell’acqua, senza emergere. In termini di densità questa condizione si verifica quando ρcorpo = ρfluido.
 
  • FA  < FP ovvero la forza peso prevale su quella di Archimede e l’oggetto andrà a fondo subito dopo l’immersione. Si tratta di un esito evidente quando immergiamo un corpo molto denso, come un blocco di pietra o di metallo. Infatti perché un oggetto affondi la sua densità deve risultare maggiore di quella del fluido e quindi ρcorpo > ρfluido.
 
Vediamo un esempio per sorta, basandoci sui soli valori di densità e partendo da un unico fluido, l’acqua, che ha densità pari a 1000 kg/m3. Un oggetto di legno di betulla, che ha  ρ variabile fra 510 e 770 kg/m3, galleggerà sempre, mentre una statuetta di vetro, che ha densità di circa 3000 kg/m3, è destinata ad andare a fondo. Un materiale che galleggia in parte sotto il pelo dell’acqua è il ghiaccio, di densità simile all’acqua, come avviene con gli iceberg. 
 

Il principio di Archimede applicato al nuoto

Questa legge fisica ci può dire se un corpo può galleggiare o meno. Viene perciò da domandarsi se possa spiegare perché alcune persone mentre nuotano stanno a galla senza troppa fatica e altri invece devono sforzarsi molto. La risposta è affermativa, in quanto la composizione corporea non è uguale per tutti: ci sono massa grassa, muscoli e massa magra in percentuale variabile a seconda della corporatura. 
 
Di base dato che il grasso risulta meno denso dell’acqua chi ha tessuto adiposo abbondante galleggia meglio quando entra in acqua. Al contrario chi è molto muscoloso presenta una densità corporea maggiore e perciò troverà più faticoso tenersi a galla
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